lunedì 28 maggio 2012
PREVIOUSLY ON # 3
Oggi ho deciso di parlarvi di una serie tv sui generis, non per i contenuti o per la novità della regia... bensì per la produzione! Sto parlando della serie tv Pioneer One. Cos'ha di tanto speciale? È realizzata completamente attraverso le donazioni degli spettatori, ed è distribuita tramite il circuito BitTorrent. Quella dei creatori è una vera e propria sfida al mercato delle grandi serie tv, con soli 6000 euro hanno realizzato il Pilot, scaricato da un gran numero di persone nelle prime settimane, e con le donazioni ricevute hanno subito realizzato il secondo episodio. Grazie al pubblico conquistato tra Giugno 2010 e Dicembre 2011 sono riusciti a chiudere la prima Stagione che conta ben 6 episodi. Bisogna guardarla anche soltanto perché rappresenta questa alternativa, che potrebbe segnare il passo verso un modo differente di vedere e produrre le serie tv e non solo. Ma Pioneer One è anche una buona serie. Partendo dal fatto che non sono un grosso amante delle serie fantascientifiche -anzi non le digerisco proprio-, e scrollandosi di dosso tutte le inconsce pretese date da produzioni assai danarose, Pioneer One fa la sua porca figura. Gli attori sono bravi, i dialoghi sono scritti molto bene (per quanto mi riguarda mille volte meglio degli odiosi dialoghi "CSI style"), e la storia è piacevolmente articolata. La serie è strutturata bene: non hanno i soldi per farci vedere effetti speciali fighi? Non ci danno in pasto quelli da due soldi ma ci fanno utilizzare l'immaginazione, parlando semplicemente di ciò che accade o è accaduto senza mostrarcelo. Non voglio svelarvi altro, nè annoiarvi ulteriormente, quindi non mi resta che augurarvi buona visione!
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giovedì 24 maggio 2012
UOLCMEN: Playlist 1: studia, studia che ti passa!
Inauguriamo questa sottosezione della rubrica uolcmen, dedicata alle playlists tematiche, consigli musicali per non lasciare neanche un minuto della vostra vita senza colonna sonora.
Il primo tema che ho scelto è: musica per studiare.
Se come me siete studenti impenitenti e amate studiare con la musica in sottofondo, allora state leggendo il post giusto.
Bando alle ciance, la prima proposta è la bellissima e oltremodo rilassante colonna sonora del Gladiatore! Cosa c'è di meglio, dello studio alimentato dal nostro prode eroe Massimo Decimo Meridio? A parte le boiate, ciò che mi aiuta a concentrarmi nelle prime fasi dello studio è proprio una musica di contorno e questa OST è perfetta. Da proporre in trittico ho tre artisti allo stesso tempo molto calmanti, eterei e di spessore. Sono Ludovico Einaudi, gli All My Faith Lost e i Dead Can Dance. Prendete tutte le loro discografie e mettetele a volume moderato, il successo nell'assimilazione di concetti astrusi è assicurato. Sempre in fase iniziale è utile ascoltare “ Lateralus” dei Tool, sia perché è bellissimo, sia perché ha dei suoni che predispongono la mente ad assimilare tutto, se loro riescono a suonare quella roba, noi comuni mortali possiamo preparare un maledetto esame! Suvvia! Dopo lo stacco dei Tool propongo un'altra pigiata sul freno con l'ascolto (e in associazione l'estasi) di Vanessa Van Basten e Team Sleep (rispettivamente “La stanza di Swedenborg” e l'album omonimo). Una bomba di camomilla per i neuroni stanchi!
A questo punto, prima dello sprint finale serve qualcosa di intermedio, perciò propongo il progetto etnico, folk, futurista Serart di Serj Tankian e Arto Tunçboyacıyan, da ascoltare in pillole tra l'alternarsi delle ultime due proposte qua sotto. Lo scopo è tenere la mente occupata per non pensare al baratro imminente, e questo album riesce completamente nell'impresa, insomma un ottimo armenian break!
Il nono consiglio sono i Karma to Burn e la loro intera discografia. Per la parte finale della preparazione: energici, abbastanza desert rock da piacermi, ma non abbastanza dal farmi rimpiangere di non essere al mare o in mezzo alla natura (diciamo la verità, quando si studia tutto è meglio dei libri).
Quando invece sono al rush finale e ho bisogno di carica mi affido ai collaudati Russian Circles con i due album “Enter” e “Station”, post rock ( anche se non sono pienamente d'accordo con questa definizione) strumentale e carico di adrenalina. Loro mi iniettano una certa carica positiva che contrasta la classica depressione dei giorni antecedenti l'esame, quelli in cui capisci di non sapere (e non socraticamente parlando!). Bene, la prima playlist è finita, ma ce ne saranno delle altre. Per ora, buon ascolto!
Ecco il link per sentire direttamente la playlist da youtube:
Bando alle ciance, la prima proposta è la bellissima e oltremodo rilassante colonna sonora del Gladiatore! Cosa c'è di meglio, dello studio alimentato dal nostro prode eroe Massimo Decimo Meridio? A parte le boiate, ciò che mi aiuta a concentrarmi nelle prime fasi dello studio è proprio una musica di contorno e questa OST è perfetta. Da proporre in trittico ho tre artisti allo stesso tempo molto calmanti, eterei e di spessore. Sono Ludovico Einaudi, gli All My Faith Lost e i Dead Can Dance. Prendete tutte le loro discografie e mettetele a volume moderato, il successo nell'assimilazione di concetti astrusi è assicurato. Sempre in fase iniziale è utile ascoltare “ Lateralus” dei Tool, sia perché è bellissimo, sia perché ha dei suoni che predispongono la mente ad assimilare tutto, se loro riescono a suonare quella roba, noi comuni mortali possiamo preparare un maledetto esame! Suvvia! Dopo lo stacco dei Tool propongo un'altra pigiata sul freno con l'ascolto (e in associazione l'estasi) di Vanessa Van Basten e Team Sleep (rispettivamente “La stanza di Swedenborg” e l'album omonimo). Una bomba di camomilla per i neuroni stanchi!
A questo punto, prima dello sprint finale serve qualcosa di intermedio, perciò propongo il progetto etnico, folk, futurista Serart di Serj Tankian e Arto Tunçboyacıyan, da ascoltare in pillole tra l'alternarsi delle ultime due proposte qua sotto. Lo scopo è tenere la mente occupata per non pensare al baratro imminente, e questo album riesce completamente nell'impresa, insomma un ottimo armenian break!
Il nono consiglio sono i Karma to Burn e la loro intera discografia. Per la parte finale della preparazione: energici, abbastanza desert rock da piacermi, ma non abbastanza dal farmi rimpiangere di non essere al mare o in mezzo alla natura (diciamo la verità, quando si studia tutto è meglio dei libri).
Quando invece sono al rush finale e ho bisogno di carica mi affido ai collaudati Russian Circles con i due album “Enter” e “Station”, post rock ( anche se non sono pienamente d'accordo con questa definizione) strumentale e carico di adrenalina. Loro mi iniettano una certa carica positiva che contrasta la classica depressione dei giorni antecedenti l'esame, quelli in cui capisci di non sapere (e non socraticamente parlando!). Bene, la prima playlist è finita, ma ce ne saranno delle altre. Per ora, buon ascolto!
Ecco il link per sentire direttamente la playlist da youtube:
lunedì 21 maggio 2012
ALTROVE: Consigli di viaggio: Tunisia.
Un
viaggio in Tunisia dovrebbe implicare non solo la visita delle più
note località turistiche (Tunisi, Bizerta, Djerba, Tabarka,
Hammamet, Monastir), che purtroppo oggi sono sempre più occidentali
nei loro usi e costumi, ma soprattutto la visita di quelle località
e città ancora oggi in gran parte incontaminate dal turismo
selvaggio, dove, non solo la grande musicalità della lingua araba la
fa da padrona nella vita quotidiana, ma dove ancora oggi il ritmo
della giornata viene scandito dal sorgere e dal calare dal sole, dal
canto dei galli, dal richiamo del muezzin alla preghiera, dal profumo
del pane fresco e dall'inconfondibile aroma delle pietanze a base di
curry. Se
da un lato importanti città come Tunisi (capitale politica del
paese, famosa per il suo suq, il Parco del Belvedere, la cinta
muraria della città antica e le sue porte) e Hammamet richiamano
ogni anno un grande afflusso di turisti per il loro costo limitato,
le spiagge e i moderni alberghi di lusso dotati di ogni comfort, la
maestosità delle loro medine, i colori delle stoffe dei suq e la
loro facile accessibilità, chiunque voglia realmente immergersi nel
mondo arabo lasciandosi alla spalle l'aura occidentale che ci
caratterizza, deve inevitabilmente spingersi più a sud del
paese. Partendo
da Tunisi con un louages, un tipo di taxi che trasporta, per una
tariffa forfettaria abbastanza bassa, molti viaggiatori, nel nostro
percorso diretti a sud verso il deserto sono inevitabili alcune
soste: meritano sicuramente una visita accurata il museo del Bardo,
situato alla periferia occidentale di Tunisi, museo archeologico che
si sviluppa su tre piani e che contiene la più ricca collezione di
mosaici romani del mondo, e Cartagine, oggi sobborgo di Tunisi,
inserita nel 1979 dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità,
fondata nel 814 a.C. e famosa per le sue rovine. Poco distante da
Cartagine, a circa 20 km da Tunisi, è obbligatoria la sosta a Sidi
Bou-Said, piccolo e delizioso villaggio fondato nel Duecento e
situato in cima a una collina affacciata sul mare sulla quale si
trova il marabutto del santo fondatore del paese. Il paese, luogo di
incontro di tutti gli artisti, si caratterizza per le sue case, tutte
di un bianco splendente che contrastano con l’intenso azzurro di
porte e balconi, ed è inoltre particolarmente famoso per il festival
dei Sufi che circonda il paese di un intenso soffio
mistico. Proseguendo
lungo la costa incontriamo le città di Hammamet (a circa 60 km da
Tunisi, famosa stazione balneare dotata dei più moderni hotel e
dominata, nella piazza centrale, dal monumento al ciclamino, fiore
rappresentativo della città e del mondo arabo), Sousse (a 143 km da
Tunisi, terza città della Tunisia famosa per la sua medina, inserita
nel 1988 tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO,
particolarmente pittoresca e animata, per la Grande Moschea, il Museo
Nazionale, e le catacombe) e Monastir (a circa 160 km da Tunisi,
famosa per i suoi paesaggi e per le spiagge che la rendono una delle
prime stazioni turistiche della Tunisia, per il mausoleo di
Bourguiba, primo presidente della Tunisia, il Museo Islamico, e per
il Ribat di Harthema). Sono anche queste importanti città, molto
interessanti da visitare, ma che a causa del sempre maggiore afflusso
turistico proveniente dall'occidente hanno perso il loro carattere
arabizzante. Da
Monastir, lasciando la costa e spostandoci invece verso l'interno del
paese, incontriamo Kairouan, città santa dell’Islam fondata nel
671 a.C. e inserita nel 1988 dall’UNESCO tra i patrimoni
dell’umanità, famosa per la Grande Moschea e per la cinta muraria
color sabbia lunga oltre tre chilometri che circonda la città. Le
tappe successive che consiglio sono le città di El Jem (città
agricola dominata dal suo anfiteatro mozzafiato in grado di ospitare
35.000 spettatori seduti e le cui rovine vennero dichiarate nel 1979
patrimonio dell’umanità), Sfax (a 270 km da Tunisi, seconda città
della Tunisia famosa per la produzione dell’olio) e Gafsa (circa
355 km lontana da Tunisi). A
ridosso del confine con l’Algeria ci imbattiamo finalmente in
quelle che sono le più tipiche città arabizzanti tunisine, ancora
incontaminate dal turismo selvaggio e che conservano dunque ancora
intatto fino a oggi tutto il loro charme. È proprio in queste
località che consiglio di rifugiarvi: non solo è facile restare
incantati dalla bellezza dei loro paesaggi, ma, per chiunque voglia
compiere non solo una vacanza ma soprattutto un’esperienza di vita
questi posti sono il luogo ideale per ritrovare se stessi, dedicarsi
alla meditazione e alla contemplazione della natura. In queste
località pare che il tempo si sia fermato da anni ma le popolazioni
che abitano queste terre non sembrano soffrire di questa mancanza.
Giunti in questa zona del paese il modo più comodo e veloce per
spostarsi è sicuramente un fuoristrada 4x4: un’esperienza, ve lo
assicuro, davvero divertente! Midès,
Tamerza e Chébika sono tre oasi di montagna situate nel deserto
roccioso: a volte il percorso per raggiungerle si fa difficile e
impervio ma verrete ripagati dalla vista di splendide cascate e
bacini naturali dove potervi rinfrescare. Qui si può ammirare il
magico Chott El Jérid, il lago salato più esteso del Nordafrica e,
se avrete la fortuna di giungervi nelle ore più calde della
giornata, sarete anche testimoni della visione di alcuni miraggi.
Trovandoci ancora nella parte rocciosa del deserto è d’obbligo
alloggiare almeno una notte a Tozeur (una delle più grandi oasi
tunisine, costituita da circa 200.000 palme e che raduna circa una
ventina di villaggi) nelle tende che gentilmente i beduini, dopo
avervi offerto una cena a base di pecora bollita, allestiranno per
voi. Siamo ormai a 452 km da Tunisi. Spostandoci
verso oriente invece, il deserto si fa sabbioso e, proprio per
l’inconfondibile color giallo-zafferano della sabbia, viene
chiamato in questa zona Zaafrane. Qui incontriamo la città di Douz,
conosciuta come “la porta del Sahara” e ospitata da quella che
anticamente era l’oasi più importante della zona. È questa una
delle città romane meglio conservate del Maghreb; non solo ospita
uno dei mercati più caratteristici del paese, nel quale è
conveniente acquistare stoffe, tappeti, e in cui si possono ammirare
rose del deserto dalle dimensioni fuori dal comune e gioielli dalle
forme e dimensioni più inusuali, ma è soprattutto famosa per il
festival internazionale del Sahara che richiama tutte le tribù
nomadi da Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto. Ci troviamo a circa 498
km da Tunisi. L’ultima
tappa che consiglio, e forse la più caratteristica, è lungo la
costa sud-orientale della Tunisia. Vale la pena infatti fermarsi
alcuni giorni a Matmata: questo è un villaggio di origine berbera
caratterizzato da vecchie costruzioni troglodite che permettono in
estate di sopravvivere alle temperature aride di questa zona (che
sfiorano ben i 45°). Queste costruzioni, oggi utilizzate dalle
popolazioni locali come alloggio per i turisti più avventurieri,
insieme ai mozzafiato paesaggi lunari del deserto furono il set del
film Guerre Stellari. Poco distante da Matmata incontriamo Médenine,
la principale città della Tunisia sudorientale, famosa per i ksour,
villaggi fortificati, e per i ghorfas, granai a forma semicilindrica
che fecero anche questi da set ad alcune scene di Guerre Stellari,
utilizzati dai beduini, ma anche e soprattutto dai turisti, come
ricovero notturno. Buon
viaggio!!!
venerdì 18 maggio 2012
UOLCMEN: Il mondo Nuovo - Il teatro degli orrori
Ho sentito, qualche tempo fa, il singolo “Io cerco te” che non mi ha particolarmente entusiasmata, ma mi ha fatto ben sperare per “Il Mondo Nuovo”, terzo album per Il Teatro degli Orrori.
L'intero album è disponibile su youtube, un'ottima decisione da parte della band. L'arte a portata di tutte le persone che possono accedere a una connessione internet, che ormai grazie ai luoghi pubblici dotati di wireless e pc è come dire alla portata di tutti (occidentalmente parlando, ma questo è un altro discorso). L'intenzione è buona, il singolo è buono, il concept dell'album è buono. Ma l'album? Ecco, non sarei mai voluta arrivare a questo punto. Ho amato “Dell'Impero delle Tenebre” e forse ancor di più “A Sangue Freddo” (ho scritto FORSE, diciamo che se la giocano alla grande!) , ma questa terza fatica, dopo molteplici ascolti continua a non entusiasmarmi. Mi spiego: penso che sia fiacco e privo di mordente, e la cosa è ancor più triste alla luce del netto miglioramento negli arrangiamenti, veramente ben fatti; ma forse a risentirne è stata l'immediatezza.
Secondo me il problema sta nella perdita, hanno perso qualcosa per strada, per guadagnare magari dell'altro, ma quello che hanno perso era maledettamente importante: sono sicura che sia l'impatto questo qualcosa, ingrediente che mi ha conquistata negli album precedenti.
Le canzoni che nel bene e nel male mi sono piaciute sono “Non vedo l'ora” che ha una struttura ritmica ottima e “Rivendico” che spicca nel ritornello, e le spettacolari “Nicolaj”e “Dimmi Addio”, entrambe iniziano in maniera un po' scontata, ma poi si risollevano quasi subito. Tutto il resto non penso sia all'altezza dei brani appena citati, ne' tanto meno degli album precedenti.
Sono davvero amareggiata, perché li stimo e mi piacciono, avrei voluto essere più positiva, ma non ci riesco.
Al di là di tutto però una menzione speciale va fatta ai testi, sempre bellissimi (immensi quelli di “Ion” e della già citata “Dimmi Addio”) e alla spiccata dote recitativa di Capovilla. La dimensione sonora non arriva agli stessi livelli di quelle testuali e recitative, ed è un peccato, in quanto in tal modo sarebbe potuto diventare un album con i controcoglioni, invece rimane nel mezzo. Io vedo e sento questo album su una linea di confine, potrebbe essere uno di quelli che vengono spesso definiti "album di passaggio" da un momento musicale ad un altro. Ma questo sarà solo il tempo a dircelo.
Forse ho troppe pretese, forse mi sbaglio, forse con l'andare del tempo cambierò totalmente idea, ma per ora è così.
Penso che un gruppo del loro spessore possa esprimersi ai livelli massimi, perciò come utente non riesco a ritenermi totalmente soddisfatta, ripeto, potrebbe essere un album di transizione, e lo spero vivamente!
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mercoledì 16 maggio 2012
BABELE: SIAE: ignoranza e luoghi comuni
Non sei iscritto alla SIAE? E come li proteggi i tuoi pezzi? Ma allora non hai intenzioni serie? Non ci vuoi guadagnare? E come fai a suonare in giro? Tutti i gruppi devono iscriversi!
Ci sono davvero troppi luoghi comuni sulla SIAE, troppa ignoranza. L'intento di questo articolo è cercare di sfatare quelle credenze che girano soprattutto nell'ambiente musicale riguardanti la Società Italiana degli Autori ed Editori.
Per carenze personali questo articolo sarà incentrato maggiormente sul mondo della musica.
La SIAE fa parte della nostra società, è inutile negarlo ed è ancora più inutile ignorarlo. Sta a voi musicisti, scrittori eccetera decidere se averne a che fare il meno possibile o se il suo ruolo è per voi legittimo e condivisibile.
lunedì 14 maggio 2012
LEGGENDONE: Il paradiso degli orchi
Il libro che vi voglio consigliare oggi è “Il paradiso degli orchi” di Danniel Pennac.
Pennac da vita a un giallo insolito in cui la soluzione del caso passa in secondo piano e la vera attrattiva è la straordinaria famiglia Malaussène e i vari personaggi che le ruotano attorno.
Il protagonista e voce narrante, Benjamin Malaussène, è il fratello\padre di una banda di sorellastre e fratellastri che periodicamente la madre gli affida per poi scappare.
Per mantenere la famiglia Benjamin lavora come capro espiatorio in un Grande Magazzino: in pratica egli è il colpevole assoluto di tutta la merce rotta e difettosa che viene venduta all'interno del negozio.
Il lavoro è semplice: egli deve sorbirsi le sfuriate del direttore davanti ai clienti e risultare talmente patetico da convincere qualsiasi cliente, anche il più arrabbiato, a ritirare il reclamo.
Benjamin svolge il suo ruolo alla perfezione e sembra essere nato per fare solo quello, non solo nel lavoro ma anche nella vita privata.
La quotidiana routine al Grande Magazzino viene, però, spezzata da uno sconosciuto che si diverte a mettere bombe all'interno del negozio e sembra avercela proprio con Benjamin che diventa testimone oculare di tutte le esplosioni.
La polizia e la famiglia Malaussène saranno perciò coinvolte nella soluzione di questo caso apparentemente inspiegabile.
Pennac mette in scena un giallo dalle mille sfaccettature, all'interno del quale si sviluppano temi più importanti: come quello di una società allevata al consumismo, nella quale neanche la morte ferma l'ondata di compere e anzi diventa paradossalmente un'attrattiva anche essa.
Un ottimo romanzo, con personaggi ben costruiti e dalle peculiarità uniche e surreali che li fanno amare dal primo all'ultimo.
Unica avvertenza: “Il paradiso degli orchi” non è un romanzo isolato ma il primo di altri cinque (in successione: Il paradiso degli orchi, La fata carabina, La prosivendola, Signor Malaussène, La passione secondo Thérèse, Ultime notizie dalla famiglia.) in cui ritroviamo la famiglia Malaussène.
Nonostante ogni libro contenga un giallo a sé stante, essi sono strettamente collegati alle vicende personali della famiglia la cui fisionomia si sviluppa, cambia e cresce nel corso dei romanzi. I sei gialli diventano, da questo punto di vista, parti di una storia più generale, di cui è perciò importante conoscere tutti i tasselli per apprezzarne l'insieme.
Pennac da vita a un giallo insolito in cui la soluzione del caso passa in secondo piano e la vera attrattiva è la straordinaria famiglia Malaussène e i vari personaggi che le ruotano attorno.
Il protagonista e voce narrante, Benjamin Malaussène, è il fratello\padre di una banda di sorellastre e fratellastri che periodicamente la madre gli affida per poi scappare.
Per mantenere la famiglia Benjamin lavora come capro espiatorio in un Grande Magazzino: in pratica egli è il colpevole assoluto di tutta la merce rotta e difettosa che viene venduta all'interno del negozio.
Il lavoro è semplice: egli deve sorbirsi le sfuriate del direttore davanti ai clienti e risultare talmente patetico da convincere qualsiasi cliente, anche il più arrabbiato, a ritirare il reclamo.
Benjamin svolge il suo ruolo alla perfezione e sembra essere nato per fare solo quello, non solo nel lavoro ma anche nella vita privata.
La quotidiana routine al Grande Magazzino viene, però, spezzata da uno sconosciuto che si diverte a mettere bombe all'interno del negozio e sembra avercela proprio con Benjamin che diventa testimone oculare di tutte le esplosioni.
La polizia e la famiglia Malaussène saranno perciò coinvolte nella soluzione di questo caso apparentemente inspiegabile.
Pennac mette in scena un giallo dalle mille sfaccettature, all'interno del quale si sviluppano temi più importanti: come quello di una società allevata al consumismo, nella quale neanche la morte ferma l'ondata di compere e anzi diventa paradossalmente un'attrattiva anche essa.
Un ottimo romanzo, con personaggi ben costruiti e dalle peculiarità uniche e surreali che li fanno amare dal primo all'ultimo.
Unica avvertenza: “Il paradiso degli orchi” non è un romanzo isolato ma il primo di altri cinque (in successione: Il paradiso degli orchi, La fata carabina, La prosivendola, Signor Malaussène, La passione secondo Thérèse, Ultime notizie dalla famiglia.) in cui ritroviamo la famiglia Malaussène.
Nonostante ogni libro contenga un giallo a sé stante, essi sono strettamente collegati alle vicende personali della famiglia la cui fisionomia si sviluppa, cambia e cresce nel corso dei romanzi. I sei gialli diventano, da questo punto di vista, parti di una storia più generale, di cui è perciò importante conoscere tutti i tasselli per apprezzarne l'insieme.
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sabato 12 maggio 2012
ALTROVE: PERU' - PARTE 2 - Il dettaglio insignificante (bis)
I dettagli insignificanti sono spesso numerosi al ritorno dai viaggi; che poi siano veramente insignificanti è una cosa tutta da verificare, dato che in realtà un significato ce l'hanno eccome, almeno nel momento in cui hanno luogo, e poi è solo colpa del tempo se li vediamo come particolari tralasciabili o non indispensabili.
O forse quelli che chiamo “particolari insignificanti” altro non sono che dei pretesti per parlare di posti su cui ci sarebbe tanto da dire, ma che difficilmente risulterebbero intellegibili alle persone che non ci sono mai state.
A Nauta il dettaglio insignificante è un cucchiaino di plastica: un dono ricevuto da un bambino di 3-4 anni.
Nauta è una cittadina minuscola...un paese fondato da un indio kukama la cui statua campeggia orgogliosamente nella Plaza de armas. Purtroppo Nauta è anche una città in cui i kukama sono lentamente spariti, almeno sulla carta: la loro lingua, cultura e tradizioni sono state date per morte per lungo tempo, sopraffatte dalla presenza e dallo strapotere dell'influenza occidentale, che ha cancellato poco a poco questo popolo. Da circa vent'anni tuttavia il popolo kukama sta risorgendo: attraverso dei processi di rivitalizzazione della lingua e la riscoperta di tradizioni relegate all'oblio per troppo tempo: in particolare dall'epoca del caucho, trauma profondo che ha lasciato indelebili tracce nella personalità di queste persone. Ognuno di essi possiede tragici ricordi legati a quest'epoca: stupri, violenze e vessazioni di ogni genere sono episodi che si cerca di nascondere, per troppo dolore o per vergogna.
Non che la contemporaneità sia più generosa con loro: lo sfruttamento petrolifero inquina i loro fiumi e costringe gran parte della popolazione, che da sempre si è dedicata alla pesca, a tirare avanti senza garanzie per il futuro. Senza parlare della tristemente nota strada che collega la cittadina a Iquitos: 100 km d'asfalto (gli unici nel raggio di migliaia di km²) che hanno portato pochissimi benefici e tanti danni: hanno soprattutto favorito l'aumento dello sfruttamento della prostituzione (soprattutto infantile) e l'espandersi della criminalità.
Uno dei mezzi fondamentali per la rinascita, o meglio, per il ritornare in superficie della cultura kukama, è rappresentato da Radio UcaMara, emittente di proprietà della chiesa ma gestita in maniera completamente autonoma da Leonardo Tello, un giovane insegnante kukama la cui vita è stata segnata dallo stato di subalternità a cui son sempre stati relegati i kukama.
O forse quelli che chiamo “particolari insignificanti” altro non sono che dei pretesti per parlare di posti su cui ci sarebbe tanto da dire, ma che difficilmente risulterebbero intellegibili alle persone che non ci sono mai state.
A Nauta il dettaglio insignificante è un cucchiaino di plastica: un dono ricevuto da un bambino di 3-4 anni.
Nauta è una cittadina minuscola...un paese fondato da un indio kukama la cui statua campeggia orgogliosamente nella Plaza de armas. Purtroppo Nauta è anche una città in cui i kukama sono lentamente spariti, almeno sulla carta: la loro lingua, cultura e tradizioni sono state date per morte per lungo tempo, sopraffatte dalla presenza e dallo strapotere dell'influenza occidentale, che ha cancellato poco a poco questo popolo. Da circa vent'anni tuttavia il popolo kukama sta risorgendo: attraverso dei processi di rivitalizzazione della lingua e la riscoperta di tradizioni relegate all'oblio per troppo tempo: in particolare dall'epoca del caucho, trauma profondo che ha lasciato indelebili tracce nella personalità di queste persone. Ognuno di essi possiede tragici ricordi legati a quest'epoca: stupri, violenze e vessazioni di ogni genere sono episodi che si cerca di nascondere, per troppo dolore o per vergogna.
Non che la contemporaneità sia più generosa con loro: lo sfruttamento petrolifero inquina i loro fiumi e costringe gran parte della popolazione, che da sempre si è dedicata alla pesca, a tirare avanti senza garanzie per il futuro. Senza parlare della tristemente nota strada che collega la cittadina a Iquitos: 100 km d'asfalto (gli unici nel raggio di migliaia di km²) che hanno portato pochissimi benefici e tanti danni: hanno soprattutto favorito l'aumento dello sfruttamento della prostituzione (soprattutto infantile) e l'espandersi della criminalità.
Uno dei mezzi fondamentali per la rinascita, o meglio, per il ritornare in superficie della cultura kukama, è rappresentato da Radio UcaMara, emittente di proprietà della chiesa ma gestita in maniera completamente autonoma da Leonardo Tello, un giovane insegnante kukama la cui vita è stata segnata dallo stato di subalternità a cui son sempre stati relegati i kukama.
Leonardo è una persona ricca di iniziativa e di idee, a cui servirebbero delle giornate di 48 ore per poter realizzare ogni suo progetto e allo stesso tempo avere una vita privata.
Nella sua infinità disponibilità, il giorno che ci siamo conosciuti ci ha invitati nella sua umile casa e assieme a lui abbiamo mangiato un ottimo ceviche, un piatto tipico peruviano a base di pesce crudo (che sulla costa è ovviamente pesce oceanico, mentre in Amazzonia è pesce di fiume).
Alla fine del pasto, il minore dei suoi tre figli, Miguel, mi regalò il cucchiaino. Perché l'avesse fatto non lo so, io lo interpreto come un simbolo e come memento: è il segno che i kukama vivono nella contemporaneità, che esistono e ri-appaiono sullo scenario della vita amazzonica.
Nella sua infinità disponibilità, il giorno che ci siamo conosciuti ci ha invitati nella sua umile casa e assieme a lui abbiamo mangiato un ottimo ceviche, un piatto tipico peruviano a base di pesce crudo (che sulla costa è ovviamente pesce oceanico, mentre in Amazzonia è pesce di fiume).
Alla fine del pasto, il minore dei suoi tre figli, Miguel, mi regalò il cucchiaino. Perché l'avesse fatto non lo so, io lo interpreto come un simbolo e come memento: è il segno che i kukama vivono nella contemporaneità, che esistono e ri-appaiono sullo scenario della vita amazzonica.
mercoledì 9 maggio 2012
PREVIOUSLY ON # 2
Questa rubrica non potrebbe mai parlare solo di serie tv nuove. È
necessario per capire, per gustarsi, per godere di alcuni nuovi
prodotti, conoscerne alcuni più vecchi. Inoltre non potrei portare
avanti nessun discorso sulle serie tv senza prima parlare di alcuni
pilastri fondamentali che reggono la mia misera cultura sull'argomento.
Oz, diminutivo di Oswald: penitenziario di massima sicurezza. Oz è un telefilm girato esclusivamente all'interno di questa struttura (esclusi i flashback con i quali veniamo a conoscenza dei reati dei vari prigionieri). In questo carcere, anzi, più nello specifico in un solo particolare braccio, il Paradiso, vengono narrate le storie, gli intrecci, le vendette, gli amori e i rimpianti di un gran numero di detenuti. Ma Oz non è solo una serie violenta, cruda e amara, è una serie in cui chi guarda è portato all'interno di quel carcere, è portato a riflettere su una moltitudine di temi che sono il filo portante di ogni puntata. Questo accade grazie allo stratagemma narrativo che regge la serie: il detenuto Augustus Hill (interpretato da Harold Perrineau Jr.) fa da cantastorie: in ogni puntata ci racconta la sua visione del mondo, delle vita, della morte, dell'uomo. Il "problema" di Oz è che non possiamo affezionarci a nessuno... la vita all'interno del carcere può durare molto poco.
Oz è la serie degli anonimi, degli esclusi, dei "rifiuti" della società.
Vi lascio con una citazione dello stesso Augustus Hill:
"[...]Vi ricordate quando la professoressa di storia vi diceva che il corso degli eventi umani cambia per gli atti dei grandi uomini? Quella troia mentiva! Affanculo Cesare, fanculo Lincoln, fanculo il Mahatma Gandhi. Il mondo continua a muoversi grazie a voi e a me: gli anonimi. Le rivoluzioni cominciano perché non c'è pane. Le guerre si scatenano per una partita a scacchi[...]".
Oz, diminutivo di Oswald: penitenziario di massima sicurezza. Oz è un telefilm girato esclusivamente all'interno di questa struttura (esclusi i flashback con i quali veniamo a conoscenza dei reati dei vari prigionieri). In questo carcere, anzi, più nello specifico in un solo particolare braccio, il Paradiso, vengono narrate le storie, gli intrecci, le vendette, gli amori e i rimpianti di un gran numero di detenuti. Ma Oz non è solo una serie violenta, cruda e amara, è una serie in cui chi guarda è portato all'interno di quel carcere, è portato a riflettere su una moltitudine di temi che sono il filo portante di ogni puntata. Questo accade grazie allo stratagemma narrativo che regge la serie: il detenuto Augustus Hill (interpretato da Harold Perrineau Jr.) fa da cantastorie: in ogni puntata ci racconta la sua visione del mondo, delle vita, della morte, dell'uomo. Il "problema" di Oz è che non possiamo affezionarci a nessuno... la vita all'interno del carcere può durare molto poco.
Oz è la serie degli anonimi, degli esclusi, dei "rifiuti" della società.
Vi lascio con una citazione dello stesso Augustus Hill:
"[...]Vi ricordate quando la professoressa di storia vi diceva che il corso degli eventi umani cambia per gli atti dei grandi uomini? Quella troia mentiva! Affanculo Cesare, fanculo Lincoln, fanculo il Mahatma Gandhi. Il mondo continua a muoversi grazie a voi e a me: gli anonimi. Le rivoluzioni cominciano perché non c'è pane. Le guerre si scatenano per una partita a scacchi[...]".
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lunedì 7 maggio 2012
EXTRAS: Oroscopo Maggio
ARIETE
La forma fisica risente dello stress degli ultimi mesi, un po' di esercizio all’aria aperta vi rimetterà al mondo.
TORO Sento profumo di fiori d’arancio...ma siete sicuri che sia ciò che desiderate? Prudenza! GEMELLI Un po' di lavoro arretrato si accumula sulla scrivania ma voi sapete come cavarvela, non è vero?
CANCRO Quante conquiste in questi ultimi mesi! Ma attenzione: qualcuno si sta affezionando più di quanto crediate, siate onesti.
LEONE Confusione totale e umore ballerino. È ora di riprendere in mano i progetti che avevate accantonato, i risultati non tarderanno ad arrivare. VERGINE Qualche preoccupazione in ambito lavorativo, affrontate i problemi con la calma e la lucidità di sempre.
BILANCIA Vi sentite un po' perseguitati dalla sfortuna, le cose iniziano a migliorare nella seconda metà del mese.
SCORPIONE La situazione finanziaria non è delle più rosee ultimamente, ma se pianificate bene riuscirete a sistemare tutti i conti in sospeso.
CAPRICORNO Questo mese avete la giusta carica per affrontare ogni situazione, nuove e stimolanti situazioni vi attendono, ma attenzione a non trascurare le persone care.
SAGITTARIO Qualcuno vi ha deluso ma ora è tutto alle spalle, e anche la primavera vi fa l'occhiolino. ACQUARIO Qualcosa è cambiato nella vostra vita, ma non tenete il muso: in questo mese riuscirete a vedere il lato positivo e a godere della nuova situazione.
PESCI L'amore mette a dura prova le amicizie, chiedetevi cosa sia davvero importante e ricordate che una cosa non esclude l’altra.
TORO Sento profumo di fiori d’arancio...ma siete sicuri che sia ciò che desiderate? Prudenza! GEMELLI Un po' di lavoro arretrato si accumula sulla scrivania ma voi sapete come cavarvela, non è vero?
CANCRO Quante conquiste in questi ultimi mesi! Ma attenzione: qualcuno si sta affezionando più di quanto crediate, siate onesti.
LEONE Confusione totale e umore ballerino. È ora di riprendere in mano i progetti che avevate accantonato, i risultati non tarderanno ad arrivare. VERGINE Qualche preoccupazione in ambito lavorativo, affrontate i problemi con la calma e la lucidità di sempre.
BILANCIA Vi sentite un po' perseguitati dalla sfortuna, le cose iniziano a migliorare nella seconda metà del mese.
SCORPIONE La situazione finanziaria non è delle più rosee ultimamente, ma se pianificate bene riuscirete a sistemare tutti i conti in sospeso.
CAPRICORNO Questo mese avete la giusta carica per affrontare ogni situazione, nuove e stimolanti situazioni vi attendono, ma attenzione a non trascurare le persone care.
SAGITTARIO Qualcuno vi ha deluso ma ora è tutto alle spalle, e anche la primavera vi fa l'occhiolino. ACQUARIO Qualcosa è cambiato nella vostra vita, ma non tenete il muso: in questo mese riuscirete a vedere il lato positivo e a godere della nuova situazione.
PESCI L'amore mette a dura prova le amicizie, chiedetevi cosa sia davvero importante e ricordate che una cosa non esclude l’altra.
venerdì 4 maggio 2012
24EFFEPIESSE: Midnight in Paris
Solitamente non guardo i film che mi vengono consigliati, o meglio, li guardo solo quando mi ispirano oppure quando ho tempo. Ma questa volta il film consigliato è di Woody Allen, perciò ho deciso di guardarlo il prima possibile. Non voglio fare una filippica su Allen, ma una cosa è da dire, è il classico regista per cui non trovo vie di mezzo, ogni suo film o lo amo o lo odio. So che è una cosa impopolare, ma è lo stesso effetto che mi fa Tarantino.
Detto questo, e senza dilungarci sulle varie nomination, passiamo a Midnight in Paris: lo scrivo subito, questo rientra nella categoria dei film che ho amato, è brillante e di una profondità elegante, sapientemente occultata dalla veste di una normale commedia. Sembra una storia d'amore, ma non lo è. Sembra una favola moderna, ma non lo è. Sembra un'opera letteraria, ma non lo è. Non so, penso sia tutte queste cose assieme, e nessuna di esse.
Owen Wilson è un ottimo attore, e ha contribuito a dare un senso di leggerezza a quasi tutta la pellicola, salvo poi squarciarlo brutalmente poco prima di un finale scontato ma perfetto.
Questo film confonde, ma allo stesso tempo mostra chiaramente il suo senso, e la regia di Allen dà spazio a una Parigi notturna e onirica, che non è solo cornice, ma protagonista. Ma qual è il senso? Non lo posso rivelare (anche perché non sono sicura di aver interpretato nel modo giusto, diciamo che mi sono fatta un'impressione molto personale), ma posso dire che è sfuggevole e bellissimo.
Il mistero è dietro ogni angolo, l'inaspettato ti osserva e ti stupisce; ma la cosa che più mi ha colpita è la sensazione che mi ha lasciato a fine visione: una leggera contentezza e un mucchio di domande.
Qualche difetto si annida dietro l'angolo, ma viene decisamente surclassato da tutto il resto.
Non voglio rivelare troppo perché è un film “nuovo”(anche se sono sicura che diverrà un classico), perciò chiudo, consigliandone vivamente la visione.
Detto questo, e senza dilungarci sulle varie nomination, passiamo a Midnight in Paris: lo scrivo subito, questo rientra nella categoria dei film che ho amato, è brillante e di una profondità elegante, sapientemente occultata dalla veste di una normale commedia. Sembra una storia d'amore, ma non lo è. Sembra una favola moderna, ma non lo è. Sembra un'opera letteraria, ma non lo è. Non so, penso sia tutte queste cose assieme, e nessuna di esse.
Owen Wilson è un ottimo attore, e ha contribuito a dare un senso di leggerezza a quasi tutta la pellicola, salvo poi squarciarlo brutalmente poco prima di un finale scontato ma perfetto.
Questo film confonde, ma allo stesso tempo mostra chiaramente il suo senso, e la regia di Allen dà spazio a una Parigi notturna e onirica, che non è solo cornice, ma protagonista. Ma qual è il senso? Non lo posso rivelare (anche perché non sono sicura di aver interpretato nel modo giusto, diciamo che mi sono fatta un'impressione molto personale), ma posso dire che è sfuggevole e bellissimo.
Il mistero è dietro ogni angolo, l'inaspettato ti osserva e ti stupisce; ma la cosa che più mi ha colpita è la sensazione che mi ha lasciato a fine visione: una leggera contentezza e un mucchio di domande.
Qualche difetto si annida dietro l'angolo, ma viene decisamente surclassato da tutto il resto.
Non voglio rivelare troppo perché è un film “nuovo”(anche se sono sicura che diverrà un classico), perciò chiudo, consigliandone vivamente la visione.
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mercoledì 2 maggio 2012
BABELE: Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente
Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente
INDICE
Introduzione
1. Fordismo e Toyotismo
1.1. Neoliberismo ed Economia dello Shock
1.2. E in Giappone?
2. A scuola dal Giappone
Conclusioni
Bibliografia
Introduzione
La convergenza sempre più marcata in materia economica e culturale tra i vari Paesi del Mondo, chiamata Globalizzazione, ha le sue radici nell'imperialismo dei secoli passati, ma solo dalla fine del XX secolo è possibile individuare in maniera intellegibile questo fenomeno.
È nel 1945, con i bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki, la resa incondizionata Giapponese e la fine della Seconda Guerra Mondiale, che si apre una nuova Era politica economica e culturale tra gli Stati Uniti e il Paese del Sol Levante. Dopo l'olocausto atomico, il Giappone, sconfitto e umiliato si affidò alla guida del suo ex nemico: gli USA diventarono un modello.
Come ogni rapporto, anche quello tra queste due grandi potenze, anche se non paritario, ha lasciato e continua a lasciare tracce indelebili nella fisionomia di entrambi i protagonisti.
Partendo dalla teorizzazione e messa in pratica del toyotismo in Giappone, poi ripresa dagli americani e rielaborata con il nome di learn production (1), vedremo come i due Paesi abbiano sviluppato un sistema capitalista che ha forti punti di contatto soprattutto nella dottrina della Scuola di Chicago (2).
Ma i tentacoli della Globalizzazione si estendono ben più in là della sola sfera economica, infatti, vedremo come nel mondo della Cultura e più nello specifico dell'istruzione ci siano delle relazioni sempre più evidenti tra il sistema Giapponese e quello Occidentale.
Un progetto globale di omologazione che cerca e sembra trovare la via migliore di governo e sfruttamento dei Popoli di tutto il Mondo.
“La globalizzazione non è un fenomeno naturale, ma un fenomeno politico concepito per raggiungere obiettivi ben precisi.”(3)
INDICE
Introduzione
1. Fordismo e Toyotismo
1.1. Neoliberismo ed Economia dello Shock
1.2. E in Giappone?
2. A scuola dal Giappone
Conclusioni
Bibliografia
Introduzione
La convergenza sempre più marcata in materia economica e culturale tra i vari Paesi del Mondo, chiamata Globalizzazione, ha le sue radici nell'imperialismo dei secoli passati, ma solo dalla fine del XX secolo è possibile individuare in maniera intellegibile questo fenomeno.
È nel 1945, con i bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki, la resa incondizionata Giapponese e la fine della Seconda Guerra Mondiale, che si apre una nuova Era politica economica e culturale tra gli Stati Uniti e il Paese del Sol Levante. Dopo l'olocausto atomico, il Giappone, sconfitto e umiliato si affidò alla guida del suo ex nemico: gli USA diventarono un modello.
Come ogni rapporto, anche quello tra queste due grandi potenze, anche se non paritario, ha lasciato e continua a lasciare tracce indelebili nella fisionomia di entrambi i protagonisti.
Partendo dalla teorizzazione e messa in pratica del toyotismo in Giappone, poi ripresa dagli americani e rielaborata con il nome di learn production (1), vedremo come i due Paesi abbiano sviluppato un sistema capitalista che ha forti punti di contatto soprattutto nella dottrina della Scuola di Chicago (2).
Ma i tentacoli della Globalizzazione si estendono ben più in là della sola sfera economica, infatti, vedremo come nel mondo della Cultura e più nello specifico dell'istruzione ci siano delle relazioni sempre più evidenti tra il sistema Giapponese e quello Occidentale.
Un progetto globale di omologazione che cerca e sembra trovare la via migliore di governo e sfruttamento dei Popoli di tutto il Mondo.
“La globalizzazione non è un fenomeno naturale, ma un fenomeno politico concepito per raggiungere obiettivi ben precisi.”(3)
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