Hugo
Chávez è morto da qualche giorno; nel momento in cui scrivo questo
articolo è ancora in corso il suo funerale a Caracas. In questi
giorni navigando su Internet ho letto tanti articoli che ricordavano
questo peculiare personaggio del panorama Latino-americano e del
mondo intero. Ho letto anche commenti di persone che lo rimpiangono
ma che votano PD, e gente che ne festeggia la morte stigmatizzandolo
come se fosse il diavolo in persona.
Ho
anche notato che alcuni hanno pubblicato un documentario “The War
on Democracy”, che ha attirato la mia attenzione e che ho
prontamente visto.
Il
documentario, opera del giornalista australiano John Pilger, esprime
già dal titolo l'essenza del suo contenuto: la critica alla politica
imperialista statunitense dal secondo dopoguerra a oggi. In effetti
il titolo è un richiamo piuttosto esplicito allo slogan utilizzato
negli ultimi anni dal governo nordamericano per giustificare le sue
azioni di politica estera: la presunta “guerra al terrorismo”.
La locandina del film |
Ci
si occupa, in questo caso, di quella porzione del mondo che è stata
definita come “cortile di casa” degli USA, ossia l'America
Latina.
Il
documentario, realizzato nel 2007, ha come asse centrale proprio la
figura di Hugo Chávez, del quale viene narrata l'ascesa al potere
nel 1999 e sottolineata l'attenzione verso le classi più povere
della popolazione: i provvedimenti volti al miglioramento delle
condizioni sanitarie e dell'istruzione si unirono infatti alla
cacciata delle imprese straniere che fino ad allora detenevano il
controllo sulle importantissime risorse petrolifere venezuelane.
Questa statalizzazione dell'estrazione petrolifera non fu ovviamente
vista positivamente dal governo statunitense, ma non solo: anche
all'interno del Paese l'opposizione al governo di Chávez si fece
pesante, in particolare nei settori agiati della popolazione,
detentori della maggior parte delle televisioni e dei mezzi di
comunicazione, che iniziarono così una forte campagna volta alla
criminalizzazione del presidente (sia all'interno del Paese, sia in
Occidente).
Viene
poi narrato il tentativo di Colpo di Stato del 2002, che portò al
sequestro di Chávez per alcuni giorni, fino a quando la popolazione
si riversò numerosissima per le strade e accerchiò il palazzo di
Miraflores, sede del governo, chiedendone la liberazione. È questo
per Chávez il momento cruciale della sua traiettoria politica: in
un'intervista rilasciata allo stesso autore del documentario,
dichiara che dopo gli avvenimenti di quei giorni, ciò che gli rimase
fu semplicemente la volontà di dedicare quello che gli sarebbe
restato da vivere a quel popolo, soprattutto ai più poveri.
Il regista, John Pilger, con Hugo Chavez |
La
mano statunitense nell'organizzazione del golpe ai danni di Chávez,
seppur negata più volte, risulta evidente dal comportamento tenuto
dai politici nordamericani ma soprattutto da alcuni documenti della
CIA che vengono citati puntualmente da Pilger. E del resto, come
sottolineato magistralmente nel documentario, questo non fu che uno
degli ultimi atti della politica imperialista statunitense nei
confronti degli stati latino-americani. Iniziando dal 1950 in
Guatemala e continuando nel corso dei decenni in praticamente tutti i
paesi sudamericani, la politica estera statunitense, dietro presunte
questioni di sicurezza nazionale (la famigerata “minaccia
comunista”), ha agito fondamentalmente su un solo binario: quello
della deposizione di governi “non allineati” attraverso
l'appoggio (più o meno esplicito) a colpi di stato militari. Questi,
nella stragrande maggioranza violentissimi, hanno portato solitamente
alla sostituzione di governi democraticamente eletti con personaggi
vicini agli Stati Uniti. Il caso forse più tristemente eclatante e
conosciuto è rappresentato dal golpe cileno del 1973, che portò
alla morte del presidente Salvador Allende e alla presa di potere del
generale Augusto Pinochet. Gli anni della dittatura fascista di
Pinochet hanno gettato le basi per una profonda trasformazione del
Paese andino per quanto riguarda l'economia: il Cile rappresenta
infatti uno di quegli “esperimenti sociali” che, sulla base delle
teorie liberiste di Milton Friedman e attraverso privatizzazioni
selvagge, hanno acuito le differenze sociali, portando al
consolidamento di una minoranza ricchissima e di un enorme settore
della popolazione che si ritrova in condizioni di indigenza.
Le
situazioni di Guatemala, Cile, Bolivia, El Salvador, Nicaragua,
Venezuela sono solo alcuni degli esempi che il documentario di John
Pilger descrive per mettere in luce come gli interessi
economico-politici statunitensi abbiano messo in gioco la vita di
migliaia di persone su tutto il suolo latino-americano. Ma la cosa
più indignante è senza dubbio l'arroganza e la strafottenza con la
quale tutte queste violenze siano costantemente negate: ne dà un
esempio Duane Clarridge, capo della CIA per l'America Latina tra il
1981-84, che non esita a definire le accuse delle organizzazioni per
i diritti umani (Amnesty International fra tutti) come “bullshit”,
stronzate.
“The
war on democracy” è un documentario consigliatissimo, che affronta
delle tematiche scomode e allo stesso tempo lancia un messaggio di
speranza per il cambiamento. Si trova su Vimeo a questo indirizzo,
in inglese con sottotitoli in inglese (se non siete espertissimi non
lasciatevi spaventare, con i sottotitoli è comprensibile!).
Buona
visione a tutti!
4 commenti:
io la butto lì: perchè i nostri esperti in linguaggio d'oltre manica non si cimentano in una bella e utilissima traduzione? :)
Qualcuno fortunatamente ci ha già pensato :
http://www.youtube.com/watch?v=Oy69NeZ7iRE&playnext=1&list=PL038FA731F0B302C1&feature=results_main
Io l'ho visto tempo fa, e poi l'ho riguardato dopo la morte di Chavez, è veramente un bel documentario.
Bravo Pau per la recensione, rincaro il consiglio: guardatelo!
Gracias Pau!
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