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dicendo che sarebbe riservato agli appassionati di jazz sarebbe un
affermazione sbagliata, ignorante e storicamente falsa. Miles Davis
nell'immaginario della maggior parte delle persone, riporta alla
mente le melodie di pezzi come “So What” o “Blue in Green”,
pilastri del patrimonio jazzistico afroamericano, e non troverei
(quasi) nulla da dire riguardo ad un associazione di idee del genere.
Ma una considerazione è assolutamente da fare: il genio di Davis non
può essere chiuso e costretto nel termine “jazzista”. Miles
Davis ha trasformato sei o sette volte il modo di comporre, concepire
e ascoltare la musica. Deve essere considerato un pioniere della
musica in generale. La sua propensione all'innovazione, il fatto che
accettasse di cambiare la vecchia strada “agiata” per buttarsi
senza remore e pregiudizi su stili, generi e modi di suonare la
musica, ne hanno fatto una vera e propria leggenda.
La sua evoluzione sta
nella sua discografia infinita, e tramite l'ascolto di un bel po' di
album chiave della sua carriera si scorge chiaramente il suo
desiderio innovativo. Ma se un ascoltatore e appassionato di musica
vuole provare a entrare più profondamente nel mondo di Davis, capire
veramente le ragioni che lo portarono a buttarsi in nuovi esperimenti
sonori, può rifugiarsi in una lettura che definire obbligatoria per
un patito di musica sarebbe un eufemismo. “Miles Davis –
L'Autobiografia”, più che un libro (per me) è una bibbia
musicale. Scritto in collaborazione con il poeta e scrittore Quincy
Troupe un paio d'anni prima della morte di Davis, questo libro
racconta la vita del musicista usando il suo caratteristico
linguaggio scurrile, mai edulcorato, tentando cioè di restare il più
fedele possibile al modo di esprimersi del “Principe delle
Tenebre”. Era già stata effettuata una traduzione per la prima
edizione italiana, ma essa non rendeva giustizia all'originale, che
così è stato ritradotto con risultati più che soddisfacenti.
Il libro racconta il
viaggio straordinario di Davis attraverso gli universi musicali che
ha voluto esplorare e viene condito con una serie di aneddoti che non
fanno che renderlo ancora più interessante. Nella prima parte del
libro si può leggere del giovane trombettista che va a cerare
fortuna a New York. Il suo intento è quello di diventare un
musicista professionista iscrivendosi alla famosa Juilliard School of
Music, ma arrivato a destinazione si accorge di trovarsi nel bel
mezzo della rivoluzione del be-bop e che la sola università della
musica che si può frequentare è quella della strada e delle
infinite jam di improvvisazione che si tengono nei locali. Questa è
la parte che più preferisco del libro. Gli aneddoti che parlano di
Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius Monk e tutti i grandi che
hanno contribuito a quella rivoluzione sono impagabili. In egual modo
lo sono le spiegazioni che Davis offre per quanto riguarda le famose
scelte musicali che lo hanno accompagnato nel corso della sua
carriera.
Per farla breve, la
lettura del libro si trasforma in un colloquio con il grande
musicista, una sorta di nonno incazzoso che ti spiega perché ha
fatto quello in quel modo e perché alla fine LUI aveva ragione e gli
ALTRI avevano torto. Gli altri sono i critici, che non riuscivano a
trovare un senso nei cambiamenti stilistici e lo attaccavano
duramente (la storia ha poi dato ragione a Davis) e l'industria
discografica che continuava ad appoggiare dei “replicanti bianchi”
invece di dare maggior risalto agli artisti di colore che avevano
dato il La a questo o a quel tipo di musica. Il libro prosegue
toccando altri grandi momenti come l'epoca della sua band con Tony
Williams, Ron Carter e compagnia bella, o come quando sconvolse il
mondo registrando “Bicthes Brew”, considerato da molti esperti
l'apripista per la fusion.
Più vado avanti a
scrivere più mi viene da buttare giù aneddoti e concetti letti in
questa grande opera e non volendo spoilerare niente a nessuno è
meglio che mi fermi qui. Ma prima di chiudere vi do un ultimo
consiglio: se dopo aver letto questa enciclopedia musicale non avete
ancora soddisfatto la vostra fame vi consiglio un altro libro: “Io
& Miles Davis”. Si tratta di un libro scritto proprio dallo
stesso Quincy Troupe, che parla proprio di lui e di Miles. Diviso in
parti, nella prima racconta l'esperienza della conoscenza con Davis,
descrivendone l'uomo, le debolezze, il suo carattere impossibile, o
quasi, da sopportare. Nella seconda, racconta come Miles Davis sia
diventato per lui un mito, ripercorrendo la sua vita e scandendola
con gli album del trombettista. Nella terza racconta la fine
dell'uomo che ha cambiato il volto della musica.
Se dopo questa lettura
siete ancora vogliosi di apprendere e assorbire non vi resta altro
che buttarvi nella sterminata discografia che Miles Davis ci ha
lasciato. Non c'è metodo migliore per carpire l'essenza del
“Principe delle Tenebre”.
3 commenti:
Scalla (sia il libro - che lessi tempo fa) che la recensione. Anche la mia parte preferita è la prima... tipo quando racconta (vado a memoria) delle notti passate sul piano a studiare con Monk, arrivando al punto di stabilire la tonalità in cui cigolava la porta! :D - Jaime
Grazie amico!
Sarà uno di quei libri che leggerò una volta all'anno tanto per non dimenticarmi nulla!
Quando me lo passi?Anche se non sono un'esperta di musica sono comunque curiosa di leggerlo. :)
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