lunedì 21 gennaio 2013

Altrove: Cusco, Machu Picchu e la Valle Sacra degli Inca (parte 1)


Passare alcuni mesi in Perù per due anni di seguito ha significato per me tante cose: una necessità legata ai miei studi, la scoperta di un continente che desideravo conoscere da anni, una sofferenza nel lasciare la gente con cui vivo giorno per giorno, una stupenda esperienza per visitare luoghi a 10mila chilometri di distanza da casa.
Per il momento voglio tralasciare la prima parte del viaggio (durata circa un mese e mezzo) per concentrarmi sull'ultima settimana, nella quale ho messo in stand by i miei impegni di ricerca e ho deciso di regalarmi una settimana da turista. Non che mi piaccia fare il turista, però ogni tanto ci vuole!
La meta della mia vacanzina sono state le Ande, più precisamente la provincia di Cusco, nel sud del Paese. Partendo da Lima, la maggior parte dei visitatori che si reca in questa zona utilizza l'aereo: esistono tre compagnie che effettuano giornalmente la tratta Lima-Cusco per la somma di circa 100 dollari (solo andata). Io non potevo permettermi una cifra del genere e ho optato per raggiungere la mia meta via terra, con un autobus della compagnia MovilTours, una delle più comode, che per 105 soles (l'equivalente di circa 30 euro) mi ha scarrozzato sulle strade peruviane per circa 23 ore. Un viaggetto niente male, la cui prima parte è in realtà abbastanza noiosa, visto che percorre per circa 400 km l'autostrada Panamericana Sur, fino alla città di Nazca, attraversando un paesaggio semidesertico di scarso interesse. Una volta superata Nazca (famosa per le sue “linee”, che mi riservo di ammirare in un prossimo viaggio), ci si dirige verso est, iniziando lentamente l'ascesa verso le Ande. Qui il paesaggio cambia completamente e il viaggio si fa più interessante, se non altro perché sei costretto a tenere tutti i sensi allerta nella speranza che l'autista imbocchi bene le curve infinite. Tutto ciò finché non ti assale il sonno. Dopo quasi un giorno e una notte interi di viaggio sono arrivato a destinazione: Cusco, l'antica capitale dell'impero incaico, il cui nome originale è Qosqo, adattato poi al castigliano assumendo il nome di Cuzco, o Cusco.
Qosqo significa “centro”, “ombelico”, e in effetti la capitale era il centro da cui partivano le quattro parti dell'impero inca, il Tawantinsuyo, l'impero delle quattro parti (Tawa= 4; suyo=parte). Io ci sono arrivato intorno alle due del pomeriggio (mi sarebbe piaciuto arrivare al buio per poter ripetere la famosa frase pronunciata da Ernesto nel romanzo “Los ríos profundos” di Arguedas: “Entramos al Cuzco de noche...”) e dopo una brevissima passeggiata nella Plaza de Armas ho deciso di abbandonare subito la città, nonostante gli interessantissimi particolari che già a un primo rapido sguardo ti catturano, per dirigermi verso le rovine della cittadella inca di Machu Picchu. Mi sono dunque riservato la meta più famosa all'inizio.
Per arrivare a Machu Picchu le opzioni sono fondamentalmente due: prendere un treno da Cusco fino a Aguas Calientes (anche chiamato il “paesino di Machu Picchu”) spendendo circa 150 dollari (a/r col treno più economico); oppure risparmiare un pochino e arrivare alla stazione intermedia di Ollantaytambo con un taxi collettivo (10 soles, ossia meno di 3 euro e mezzo) e da lì prendere il treno, che per i non-peruviani costa (a/r) 96 dollari...una bella cifra, ma che vale la pena spendere. Fondamentale è, però, comprare in anticipo i biglietti, per non rischiare di non trovare spazio sul treno, che viaggia sempre al completo, vista la quantità di visitatori che ogni giorno transitano sulla linea. Importante è anche comprare in anticipo il biglietto di ingresso al sito archeologico, che si può acquistare on-line dal sito http://www.machupicchu.gob.pe/ (l'ingresso alla sola cittadella costa 128 soles), dato che al giorno possono entrare “solo” duemila persone.
Una delle cose che non ho gradito del mio percorso fino a Aguas Calientes è che il treno, sebbene abbastanza di lusso per gli standard peruviani, è una sorta di treno dell'Apartheid: infatti ha delle carrozze riservate per gli stranieri ben separate da quelle per i peruviani. Una cosa che ho dovuto accettare mio malgrado, e che mi ha costretto a separarmi, per le quasi due ore di viaggio, dalle persone conosciute durante l'attesa alla stazione. Arrivato ad Aguas Calientes mi sono però riunito a loro, un signore sulla quarantina e suo figlio adolescente, con i quali ho cercato un albergo nel quale passare la notte. In realtà non abbiamo neanche dovuto cercare, perché Aguas Calientes, che un tempo era una sorta di paesino del Far West che si sviluppava tutto intorno alla ferrovia, è ora il massimo del turismo: pieno di hotel di ogni categoria a un metro l'uno dall'altro, di ristoranti, bettole e bar. Inoltre, all'arrivo del treno, la stazione è invasa dai gestori degli hotel, quindi prima di uscire hai già trovato ciò che fa per te. Aguas Calientes, in realtà, ha questo nome per via delle acque termali che vi sgorgano e ci sono alcuni centri nei quali è possibile stare a mollo fino a tarda notte.
Dopo aver passato la notte condividendo una stanza con i miei due nuovi amici, ho deciso di svegliarmi prestissimo (alle cinque del mattino) per poter essere fra i primi ad entrare alla cittadella inca, che si trova in cima alle montagne circostanti e che si può raggiungere a piedi, con una salita che si percorre in poco più di un'ora, oppure con un comodo (ma caro) autobus che ti porta fino in cima. Io per tener fede a due dei miei difetti principali, la pigrizia e la taccagneria, ho deciso di salire in autobus e scendere a piedi. Occhio però: se volete fare sia l'andata che il ritorno in autobus dovrete comprare entrambi i biglietti ad Aguas Calientes, perché a Machu Picchu non c'è biglietteria.
Arrivato in cima intorno alle 6 del mattino sono stato accolto da una immensa nube bianca che nascondeva alla vista il famoso panorama. Ammetto che la cosa mi ha un po' deluso e che avrei voluto vedere sorgere il sole dalle montagne, ma le condizioni atmosferiche erano quelle che erano.
In realtà, dopo, più passavano le ore più capivo che la presenza delle nuvole rendeva ancora più magici e suggestivi i luoghi, dando loro un alone mistico e misterioso e permettendomi di scoprire poco a poco le varie parti della cittadella.
Nonostante avessi con me una guida (non la mainstream Lonely – che peraltro è piuttosto ben fatta- , né la Rough Guide, ma una vecchia guida pubblicata in Spagna a metà anni '90), ho deciso di affidarmi alla spiegazione di una guida del posto, soprattutto per solidarietà nei confronti di colleghi dell'altra parte del mondo. Il servizio delle guide costa fra i 15 e i 30 soles a testa e normalmente vengono formati dei gruppi di 4-5 persone. La spiegazione della guida è stata molto interessante, e direi che è quasi necessaria, a meno che non si sia degli esperti in storia e archeologia precolombiana. È durata circa due ore, dopo le quali ho avuto tutto il tempo per girovagare fra le rovine in tutti i loro meandri, scattare le classiche foto ricordo e andare ad accarezzare i lama che pascolano in una zona del sito.
Cosa dire di Machu Picchu? È considerata una delle meraviglie del mondo non a caso, uno di quei posti che ogni viaggiatore dovrebbe visitare almeno una volta nella vita. La sensazione che si prova corrisponde a una di quelle emozioni da sindrome di Stendhal, a cui si somma la consapevolezza di camminare su secoli di storia e una forte dose di vibrante energia che si respira in alcune zone del sito (soprattutto il Tempio del Condor, quello delle Tre Finestre e l'Intiwatana, la zona dell'orologio solare).
È come uno se lo aspetta: magnifico e imponente, nonostante lo sciame di persone. Ti trovi a circa 2400-2500 metri d'altezza, e le montagne creano un paesaggio spettacolare come pochi altri al mondo; inoltre, la vegetazione è quasi quella della foresta Amazzonica, perché ci si trova in quella che viene chiamata “ceja de selva”, ossia il versante montuoso della foresta. E proprio la foresta aveva inghiottito per circa quattrocento anni la cittadella, dopo che venne abbandonata nel periodo della conquista spagnola, fino al 1911 quando venne “scoperta” da uno studioso nordamericano, Hiram Bingham; questo magnifico posto era stato quasi completamente dimenticato, e solo pochissime persone erano a conoscenza della sua esistenza e della sua ubicazione.
Il nome significa Montagna Vecchia e a camminare per i suoi sentieri si respira l'amore per la Madre Terra, la Pacha Mama, importantissima per il popolo quechua.
Se si vuole si può acquistare un biglietto che costa un po' di più e che permette di salire al Wayna Picchu, la “Montagna giovane”, ossia l'altura che si erge proprio di fronte alla spianata su cui si trova la cittadella. Ci si arriva percorrendo per circa un'ora un sentiero e dalla cima si può godere di una vista dettagliata e, dall'alto, di tutto il complesso. Per gli spilorci che invece non vogliono spendere più dei 128 soles di ingresso (eccomi qua!) ma che non vogliono rinunciare a farsi comunque una passeggiata (per modo di dire, dato che in alcuni punti è piuttosto difficoltosa), dalla cittadella ci si può dirigere verso la cosiddetta Porta del Sole, o Intipunku in quechua, ossia l'ingresso megalitico che si trova a circa 50 minuti di cammino dal centro del sito. Questa porta si trova al termine del Cammino Inca ed era una sorta di punto di controllo prima dell'arrivo alla città. Si trova a 2720 mslm e per arrivarci bisogna attraversare un sentiero che in alcuni punti costeggia degli strapiombi impressionanti e che regala il panorama forse più emozionante di tutta la zona.
Dopo aver percorso a ritroso questa stradina mi sono concesso un'ultima passeggiata fra le rovine, prima di intraprendere la discesa verso Aguas Calientes. Nel bel mezzo del ritorno sono stato sorpreso dalla pioggia, che sapevo sarebbe arrivata prima o poi, ma fortunatamente avevo con me un “poncho” impermeabile; ma questo non è poi così interessante.
Prima di arrivare al paesino, subito dopo aver attraversato il ponte sul fiume Urubamba, si trova il Museo del sito, al quale si può accedere gratuitamente con il biglietto per la cittadella, in cui si trovano alcuni dei reperti archeologici trovati durante gli scavi.
Aguas Calientes, come già ho accennato, vive di turismo e abbondano dunque le bancarelle nei quali si vende artigianato, prodotti tipici e souvenir di qualsiasi genere. Ovviamente essendo a ridosso dell'attrazione turistica più visitata del Paese, i prezzi sono leggermente gonfiati.
Da Aguas Calientes ho ripreso il treno per Ollantaytambo... (CONTINUA)










6 commenti:

Davide "boldraker" Boldrini ha detto...

ahn , alla fine tutto questo casino per un cumulo di rocce? :D
Bella pauz, vogliamo il continuo!

Camilla Fois ha detto...

Come dice Felino: " per vedere pietre m'indi andu a s'attu" (trad. me ne vado in campagna)! Ahahaha

Bel reportage amico Pau!Scrivi la seconda parte che ci piaci!

Giò ha detto...

wow! emozionante! dai...sforna il 2 capitolo :D

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...
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Unknown ha detto...

Bella Pau...

Sembra di essere stato là con te.... Complimenti...