lunedì 7 gennaio 2013

24effepiesse: DIAZ, DON’T CLEAN UP THIS BLOOD


Tra il 19 e il 21 luglio 2001, si riunirono a Genova gli otto “grandi della terra”, i rappresentanti di quelli che allora erano considerati come gli otto paesi economicamente più sviluppati del Mondo, al fine di discutere delle scelte politiche da compiere per il futuro di tutto il pianeta. Questi incontri avvenivano periodicamente e in varie città del mondo. In occasione di ogni incontro si creava un movimento di persone, associazione e gruppi politici che contestava le scelte neoliberiste compiute dal G8, chiedendo a gran voce un nuovo tipo di globalizzazione, più vicino alle esigenze e ai bisogni delle persone. Anche in Italia si creò questo movimento che, dopo essersi organizzato in un unico soggetto politico, il Genoa Social Forum (che era in grado di tenere al suo interno gruppi di differente sensibilità politica, dai cattolici ai gruppi extra-parlamentari appartenenti ai centri sociali), organizzò le manifestazioni di dissenso nei confronti del G8. Il Movimento era sicuramente molto forte e lo Stato scelse di “mostrare i muscoli” al fine di poterlo fermare e sconfiggere. Genova venne praticamente militarizzata: sia il 20 che il 21 luglio i vari cortei e sit-in di protesta vennero caricati dalle forze dell’ordine che portarono avanti una vera e propria caccia all’uomo nei confronti dei manifestanti. Il momento più importante avvenne il 20 luglio: dopo che il corteo organizzato dalle tute bianche venne caricato in un punto autorizzato del percorso, via Tolemaide, e dopo due ore di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, Carlo Giuliani venne ucciso da due colpi di pistola sparati dalla pistola di Mario Placanica, agente dei carabinieri di Palermo. In conclusione di questi due giorni, quando tutto sembrava ormai concluso, avvenne invece il terribile episodio della scuola Diaz: poco prima della mezzanotte del 22 luglio i reparti della celere entrarono nella scuola Diaz e diedero vita ad un pestaggio violento nei confronti di manifestanti inermi xe increduli di fronte a tanta rabbia. Vennero ferite circa 87 persone, di cui tre finirono addirittura in prognosi riservata e uno in coma. Coloro che non vennero feriti finirono nella caserma di Bolzaneto , dove vennero sottoposti per alcuni giorni a torture e umiliazioni continue.

Daniele Vicari, il regista di Diaz, sceglie di raccontarci quest’ultimo episodio della Diaz e alcuni fatti relativi a Bolzaneto. La trama si dispiega attraverso la descrizione del blitz delle forze dell’ordine alla scuola vissuto da punti di vista e angolature differenti: quello del giornalista Luca della Gazzetta di Bologna, che dopo la morte di Carlo Giuliani vuole vedere da vicino ciò che sta succedendo a Genova (nella realtà esso rappresenta Lorenzo Guadagnucci, giornalista di Altreconomia e del Resto del Carlino e portavoce del Comitato Verità e Giustizia per Genova, autore lo scorso anno insieme a Luca Agnoletto del libro “L’eclissi della democrazia”, che tratta dieci anni di processi riguardanti ciò che è avvenuto in quei terribili giorni del luglio del 2001), quello di Nick, un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George; quello di Anselmo, un vecchio militante della CGIL che ha preso parte ai cortei contro il G8 con i suoi compagni pensionati e decide di rimanere una sera in più a Genova per poter visitare la tomba di una sua parente (dietro cui si cela Arnaldo Cestaro); quello di Max Flamini, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma (i riferimenti a Michelangelo Fournier, colui che per primo parlò di ciò che avvenne in quelle scuola come di una “macelleria messicana”, sono evidenti); Alma, Marco e Franci, militanti politici e attivisti che dopo aver assistito a quei tragici momenti si mettono a disposizione del Genoa Social Forum alla ricerca dei dispersi; Etienne e Cecile, due anarchici francesi diretti protagonisti degli scontri di quei giorni. Il film si basa completamente, secondo una precisa scelta del regista, su tutti i documenti e gli atti giudiziari prodotti durante i processi istituiti in seguito a quei tragici fatti.

Secondo il mio modestissimo parere, il film, nonostante abbia dei limiti e delle lacune evidenti (la stessa scelta di raccontare ciò che è stato oggetto di azione giudiziaria fa si che ciò che viene descritto di quei tragici momenti nel film non rappresenti la realtà ma solo un ritaglio di questa: in questo senso mancano i racconti di coloro che non hanno voluto, per rifiuto dello strumento giudiziario o per l’intollerabilità del ricordo, o potuto, perché hanno firmato dichiarazioni menzognere, in una lingua non loro e in assenza di tutela legale, intraprendere l’azione legale; mancano i fatti di cui non si è potuto fornire la prova processuale, e di questo ritaglio nel tessuto del reale si deve necessariamente tenere conto) può comunque essere uno strumento utile per ridiscutere di quei giorni e di ciò che è avvenuto, di coglierne la complessità senza nascondersi dietro facili capri espiatori (è tutta colpa dei “black bloc”!) o complottismi di sorta (“erano solo dei poliziotti infiltrati”). E’ senza dubbio un documento importante perché squarcia il velo di omertà su ciò che è avvenuto ormai più di dieci anni fa (sebbene molti siano stati i documenti, i film e i documentari che siano stati prodotti, nessuno di essi è stato in grado di arrivare a un livello ampio di pubblico). Ad esso, però, come già precedentemente spiegato, si deve ovviamente accompagnare una discussione e un dibattito su quei giorni contestualizzandolo agli avvenimenti attuali ( la militarizzazione di Genova in quei giorni, ad esempio, non è tanto dissimile dalla militarizzazione che la Val Susa sta “subendo” in questi giorni).
Prima di concludere, altre due annotazioni molto interessanti: la prima riguarda la scelta del regista di affidarsi, nonostante la presenza di alcune star come Elio Germano e Claudio Santamaria, ad un racconto corale senza basare la storia sulla forza e l’importanza di tali star; la seconda invece riguarda la capacità che ha avuto il regista di narrare le vicende senza alcuna indulgenza nei confronti dell’estetizzazione dell’orrore che ha pervaso molto cinema, facendo della pretesa denuncia dell’orrore uno strumento di anestetizzazione della violenza. Concludendo, è importante vedere questo film non perché sia in grado di portare una verità oggettiva su quei fatti (impossibile, nonostante siano tantissimi coloro che si attendono questo), ma perché attraverso di esso è possibile costruire discussioni, dibattiti e conoscenze che portano a sfidare e abbattere quella che sta diventando la verità egemone su Genova e dintorni.







2 commenti:

Davide "boldraker" Boldrini ha detto...

Non avevo ancora letto l'articolo perché non avevo ancora visto il film. L'ho appena finito, e dopo sono venuto subito a leggermi l'articolo.
Con franchezza signor Santucciu, l'articolo non mi è piaciuto, non mi ha comunicato niente. Alla fine non so neanche se il film ti sia piaciuto, se t'ha colpito, se t'ha commosso.
E' ovvio che non dia una visione a tutto tondo della verità di quei giorni. Avrebbe dovuto prendere le storie di quelle persone, una per una, manifestanti e poliziotti. Ma non è il compito di un film, e non sarebbe stato manco possibile. E' un quadro, una visione parziale di quei giorni.
Ma è una visione potente.
A me il film è piaciuto e mi ha commosso.

;)

Unknown ha detto...

Salve signor Boldrini,
innanzitutto è molto difficile rispondere nel momento in cui un tuo “lettore” dice che non sono stato in grado di comunicare nulla, evidentemente ho sbagliato qualcosa nella metodologia scelta per recensire l’articolo, in cui probabilmente sono stato troppo “tecnico” e poco propenso a parlare di ciò che ho provato durante la visione del lungometraggio. Per il resto non concordo comunque sul fatto che sia così ovvio x le persone che un film non possa dare una visione a tutto tondo della verità e della realtà che sta provando a descrivere. Anzi, spesso e volentieri diamo il compito di descrivere in modo oggettivo la realtà attuale a libri e film, a scrittori e registi, pretendendo da essi di essere in grado di mostrarci la verità così com’è, dimenticandoci spesso che è un loro punto di vista e una loro versione dei fatti,. Per confermare ciò che sto scrivendo metto qua sotto due link, un botta e risposta tra due personaggi che hanno vissuto “da protagonisti” quei giorni: il primo è un articolo di Vittorio Agnoletto (ora parlamentare europeo, nel 2001 portavoce del Genoa Social Forum) http://www.vittorioagnoletto.it/2012/04/quello-che-il-film-diaz-non-dice/ , il secondo è invece la risposta data ad Agnoletto da Fausto Bertinotti (a quei tempi segretario di Rifondazione Comunista, i cui contatti con il cosiddetto Movimento dei Movimenti in quegli anni furono continui e non privi di tensione) http://www.mirorenzaglia.org/2012/04/diaz-bertinotti-difende-il-film-di-vicari-agnoletto-la-tua-analisi-e-sbagliata/.
Concludo dicendo che il film mi è piaciuto, è un bel “pugno allo stomaco”, ma questo pugno assume ancora più forza sapendo che si ispira a fatti realmente accaduti in quel tragico luglio del 2001.
Nella speranza di essere stato esaustivo e coerente con la risposta ti saluto, ringraziandoti inoltre per le critiche. Ciao