Conosco Nauta (vedi http://kenemeri.blogspot.it/2012/05/altrove-peru-parte-2-il-dettaglio.html)
e la sua realtà da due anni e mezzo. Ci sono arrivato per prima
volta nel luglio del 2011 guidato da un amico che voleva che
conoscessi il lavoro di Radio Ucamara, il principale canale
comunicativo attraverso cui si contribuiva al processo di
rivitalizzazione della cultura Kukama-Kukamiria.
Il programma “Kukama Ukatuki” (“i Kukama appaiono”) è stato solo uno dei passi che si son compiuti per rafforzare questo cammino; è stato il primo (e forse più difficile) scalino che bisognava affrontare per restituire a questa cultura il posto che merita, renderla nuovamente visibile dopo quel processo che, dalla seconda metà dell'800 e fino ai giorni nostri, aveva portato a considerare l'appartenere al popolo kukama come una condanna, qualcosa di cui ci si doveva vergognare. Grazie a Radio Ucamara si è iniziato a spezzare quella catena di disprezzo e i kukama hanno iniziato ad affermare finalmente che ESISTONO.
Il programma “Kukama Ukatuki” (“i Kukama appaiono”) è stato solo uno dei passi che si son compiuti per rafforzare questo cammino; è stato il primo (e forse più difficile) scalino che bisognava affrontare per restituire a questa cultura il posto che merita, renderla nuovamente visibile dopo quel processo che, dalla seconda metà dell'800 e fino ai giorni nostri, aveva portato a considerare l'appartenere al popolo kukama come una condanna, qualcosa di cui ci si doveva vergognare. Grazie a Radio Ucamara si è iniziato a spezzare quella catena di disprezzo e i kukama hanno iniziato ad affermare finalmente che ESISTONO.
Dall'inizio del programma
si sono susseguite molte attività proposte e portate avanti
dall'equipe della radio. Fra queste, circa due anni fa, c'è stata la
creazione della scuola Ikuari. In questa scuola, per far fronte alla
mancanza di insegnanti bilingui interculturali, i parlanti della
lingua kukama di Nauta hanno iniziato a dare lezioni a tutti gli
alunni che volessero imparare la propria lingua originaria. Bambini,
adolescenti e adulti hanno iniziato a frequentare le lezioni,
scoprendo ciò che significa riappropriarsi di qualcosa che è tuo,
ma non materialmente: è qualcosa che ti appartiene interiormente,
nelle viscere. I maestri sono in gran parte anziani che son cresciuti
utilizzando come lingua madre il kukama e che, adesso, condividono la
loro conoscenza e saggezza con le generazioni più giovani.
Ma l'esperienza della
scuola Ikuari, nel mese di ottobre, è giunta a un punto (che si
spera sia solo temporaneamente) finale. Le scarse risorse economiche
che avevano permesso il finanziamento del programma di insegnamento,
e in particolare i rimborsi per i maestri, non ci sono più e, dopo
alcuni mesi in cui si è cercato di tirare avanti senza mezzi
economici, la scuola ha (per il momento) chiuso i battenti e
terminato la sua attività.
Per potersi dedicare
all'insegnamento gli anziani avevano dovuto lasciare alcune delle
loro attività quotidiane: c'è bisogno di tempo per la preparazione
delle lezioni, e ciò comporta togliere ore al lavoro nei campi, alla
pesca, a tutte quelle attività che fanno sì che ci sia di che
sfamare la famiglia.
Tuttavia, è altrettanto
chiaro che il prezzo che si pagherà con la chiusura della scuola
sarà ancora più alto dell'umile compenso che i maestri ricevevano:
la sparizione della lingua. Se non ci sono parlanti, gente che
possiede le conoscenze adeguate per poter insegnare ai giovani, nel
giro di pochissimo tempo il kukama non esisterà più. Ne rimarrà
solo il ricordo.
Come si possono tenere in
considerazione queste due esigenze così importanti? Per una persona
che vede la situazione dall'esterno è difficile proporre una scala
di priorità: entrambe sembrano fondamentali. La soluzione più
giusta sarebbe quella di trovare un'Istituzione in grado di
appoggiare economicamente la scuola e il problema sarebbe risolto. Ma
spesso le istituzioni, chi per scarso interesse, chi per altrettanta
mancanza di mezzi, non si occupano di queste faccende.
La risposta potrebbe
trovarsi allora nelle stesse tradizioni delle comunità indigene: il
lavoro comunitario, le mingas, la
reciprocità. Si potrebbe ricompensare il lavoro di insegnamento non
con un rimborso economico ma facendo sì che gli alunni e le loro
famiglie aiutino i maestri nei loro lavori quotidiani. Si potrebbero
addirittura organizzare delle lezioni da svolgersi direttamente nei
campi, riportando il kukama ad essere la lingua della quotidianità.
Spero
di cuore che questa interruzione dell'attività della Scuola Ikuari
duri poco, che si possa riprendere presto con le lezioni e che si
possa ritornare a insegnare ai Kukama la propria lingua, perché è
necessario che ciò si faccia ORA. Non si può più aspettare ed è
fondamentale che siano gli stessi kukama a prendere nelle proprie
mani il destino della loro cultura.
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