Il
profilo sulla roccia di fronte a Ollantaytambo
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Le
mura tipiche nel centro di Cusco
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Oltre al sito
archeologico è assolutamente da vedere il piccolo paesino, che
conserva ancora diversi edifici che uniscono stili architettonici
dell'epoca incaica e della colonia: è infatti molto comune trovarsi
di fronte a delle costruzioni costituite, nella parte bassa, da
grossi blocchi di pietra (architettura incaica), mentre la parte alta
è fatta di mattoni di terra e paglia intonacati (risalenti all'epoca
coloniale e moderna).
Calato ormai il buio, ho
dovuto aspettare per qualche ora la partenza di un taxi collettivo
(che viaggiano solo a pieno carico) diretto a Cusco; per ingannare il
tempo ho deciso di mangiare qualcosa: lo spuntino tipico e a poco
prezzo delle Ande è il choclo con queso, ossia una pannocchia di
mais bollito con un bel pezzo di formaggio. Ottimo, nutritivo ed
economico.
Arrivato a Cusco dopo
circa un'ora e mezzo di viaggio, ho dovuto cercare un ostello in cui
sistemarmi; nonostante fosse ormai notte non ho faticato granché:
Cusco è senz'altro la città turistica più importante del Paese e
dunque abbondano alberghi e ostelli di ogni categoria; dopo aver
scartato due o tre posti che non mi potevo permettere, mi sono
allontanato un po' dalla Plaza de Armas, fino a che non ho trovato un
posticino tranquillo ed economico.
L'indomani ho iniziato a
visitare la città, iniziando dal Qorikancha, l'antico tempio
dedicato alle divinità celesti, il centro della vita sociale e
religiosa dell'impero incaico, nonché della città. Infatti, prima
dell'arrivo degli spagnoli, Cusco aveva la forma di un puma, e il
Qorikancha si trovava all'altezza del ventre del felino. Il suo nome
significa letteralmente “cortile d'oro”, e pare che questo tempio
fosse in gran parte coperto da giganti lastre del metallo più
prezioso, che per il popolo quechua aveva valore solo in quanto
ricordava loro il Sole, la maggiore fra le divinità. Questo oro
venne fuso e versato come riscatto per la vita dell'ultimo inca,
Atahualpa, sequestrato dagli uomini di Pizarro a Cajamarca. Per
rimetterlo in libertà il popolo doveva riempire delle stanze enormi
di oro e di argento. Inutile dire che i conquistadores non mantennero
la parola e, nonostante il riscatto, fecero fuori l'ultimo
imperatore.
Le
maglie di Kenemèri viaggiano orgogliosamente
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Tornando al Koriqancha,
gli spagnoli, invece di distruggere quello che era un punto di culto
fondamentale della città, decisero di trasformarlo e sostituire il
culto pagano con quello cristiano, costruendovi sopra il convento di
Santo Domingo.
Questo sito, essendo
appunto un luogo di culto, non rientra nel “Boleto Turístico”,
come del resto le altre chiese e come la Cattedrale, una delle due
chiese situate nella centralissima Plaza de Armas (l'altra è la
chiesa dei gesuiti), il cui biglietto d'ingresso costa 15 soles
(compresa l'audioguida in varie lingue), ma che vale veramente la
pena visitare.
Uscito dalla cattedrale è
veramente imperdibile una passeggiata nel quartiere di San Blas, che
si snoda su strette salitine nelle quali abbondano i laboratori di
artigiani che creano oggetti unici e bellissimi (manufatti in lana,
pietra, legno ecc.) a prezzi accessibili. In questa parte della città
ho potuto ammirare la famosa “pietra dai 12 angoli”, che
sintetizza la maniera di costruire edifici incaica, con l'incastro
millimetrico di pietre (anche enormi) levigate ad arte per poter
combaciare l'una con l'altra. A San Blas merita poi una visita il
Museo della Coca, che spiega i vari usi rituali e sociali di questa
pianta importantissima per la popolazione andina e nel cui negozietto
si possono acquistare caramelle, dolci, cioccolati aromatizzati alla
coca nonché “mate”, il tipico the andino, utilissimo per
combattere stanchezza e il “soroche”, il mal d'altitudine, e
altri vari prodotti creati utilizzando questa pianta, che nel mondo
occidentale è conosciuta essenzialmente per lo stupefacente che se
ne può ricavare attraverso vari processi di lavorazione.
Grazie al Boleto
Turístico, si possono poi visitare alcuni dei musei della città
come il Museo d'arte contemporanea, la casa dello scrittore Garcilaso
de la Vega el Inca o, il più interessante, il museo d'Arte popolare.
Per conoscere poi qualcosa in più sulla storia della città si può
visitare il monumento all'Inca Pachacutec, che si trova non lontano
dalla stazione degli autobus. Ma senz'altro ciò che più attira è
girare per le viuzze dei quartieri storici, visitare i vari mercati
popolari e conoscere le facce, il modo di vivere e la cucina tipica
dei cusqueños. Sono tante infatti le specialità gastronomiche, le
migliori, a mio avviso (abbiano pazienza vegetariani e vegani),
quelle a base degli ottimi animali delle Ande. A partire dal Rocoto
relleno (ossia un peperone moooolto piccante ripieno di carne
macinata, arachidi e altre bontà), passando per la carne di alpaca
(saporitissima) e arrivando al cuy (il porcellino d'india) al forno o
fritto. Una delizia, che però spesso si trova a prezzi
spenna-turisti (basta girare un po', tuttavia, e si trovano dei
ristoranti magari poco chic ma nei quali si mangia ottimamente
e a prezzi accessibili). Ovviamente, anche i non carnivori hanno però
di che godere, con patate e mais di così tante varietà che in
Italia possiamo solo sognarci o con cereali di vario tipo che
si utilizzano per zuppe ottime e nutritive. Tra le bevande le scelte
sono due: birra “cusqueña” oppure “chicha”, una bevanda
ottenuta dal mais che viene poi fatta fermentare, che si beve
normalmente in delle locande che si chiamano appunto “chicherías”.
Un piacevole diversivo
prima di cena è senz'altro lo spettacolo di musica e danze
tradizionali che ogni giorno viene realizzato al “Centro Qosqo de
arte nativo”, che dura circa un'oretta e che si può vedere con il
biglietto cumulativo.
La forma di puma di Cuzco
e le 4 parti dell'impero Inca
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La zona intorno alla
città è la cosiddetta “Valle sacra degli Incas”, una zona ricca
di testimonianze lasciateci dalla popolazione autoctona e costruite
prima dell'arrivo degli spagnoli lungo la valle del fiume Urubamba.
La mia intenzione era quella di visitare i principali siti in maniera
completamente autonoma, spostandomi con taxi collettivi e autobus.
Tuttavia, avendo scoperto che la padrona dell'ostello in cui passavo
la notte faceva anche la tour-operator, mi son fatto convincere a
fare delle escursioni di gruppo con autobus e guida; in effetti,
facendo due conti, fra spostamenti e costo della guida in ogni
singolo sito, sarebbe risultato molto più costoso fare tutto per
conto mio.
Così il giorno dopo sono
partito per il tour del “Valle Sagrado” (prezzo totale 35 soles);
la prima meta è stata il paesino di Pisac, animata da un gigantesco
mercato di prodotti vari: dai gioielli fatti con argento e pietre
colorate, fino ai prodotti alimentari e agli immancabili oggetti
d'artigianato. A qualche chilometro dall'attuale paese, c'è l'antica
Pisac, una vera e propria cittadina che si arrampica sulla
cordigliera a un'altezza di quasi 3000 m.s.l.m.. Da Pisac il tour
continua verso Ollantaytambo (con una pausa pranzo nel paesino di
Urubamba) che ho così potuto visitare per la seconda volta,
ascoltando la spiegazione di un'altra guida. Da lì si torna poi
verso Cusco, ma facendo prima un'interessantissima sosta nel paesino
di Chinchero, nel quale si può visitare la stupenda chiesetta
ricchissima di decorazioni (purtroppo, viste le condizioni non
eccelse, non si possono fare foto all'interno, ma è veramente
sorprendente). A Chinchero, inoltre, il tour prevede una sosta presso
un laboratorio tessile artigiano gestito dalle donne di una famiglia
numerosissima, che si dedicano a filare, tingere, tessere e
realizzare stupendi maglioni, sciarpe, guanti e oggetti vari in lana
di alpaca. Dopo aver offerto ai turisti un mate de coca che serve a
stemperare il freddo andino, le signore effettuano una dimostrazione
di tintura delle fibre, tintura che avviene utilizzando sempre colori
naturali (estratti da piante, insetti e altri elementi della natura).
Le piccole pietre di
Saqsaywamán
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Il giorno successivo,
dopo aver girato ancora senza una meta precisa fra mercati, mercatini
e gli angoli più nascosti di Cusco, ho
poi effettuato un secondo tour organizzato: stavolta le mete erano
più vicine alla città, ma altrettanto interessanti. La prima tappa
era l'avamposto fortificato di Saqsaywamán, a circa due km dalla
città, una sorta di forte costruito a protezione di Cusco e che
venne parzialmente distrutto dopo l'arrivo degli spagnoli, che
usarono molte delle pietre che lo costituivano per la costruzione di
edifici cittadini, fra cui la
cattedrale. Dopodiché ho potuto visitare il sito di Tambomachay, che
era una sorta di ostello per il riposo dell'imperatore e in cui c'è
una serie di sorgenti d'acqua collegate con un modernissimo sistema
idraulico; poi ancora l'avamposto di controllo chiamato Puka Pukara,
e infine il sito di Qenqo, una sorta di santuario sotterraneo in cui
si svolgevano cerimonie religiose e probabilmente operazioni mediche.
Alpaca
al pascolo
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Per mancanza di tempo,
non ho potuto visitare altri due siti: quello di Tipón e quello di
Moray, che oltre ad essere una sorta di vivaio per la coltivazione di
vari prodotti agricoli, era una sorta di polo scientifico carico di
energie legate alla Pacha Mama.
Infatti il giorno dopo, a
metà mattina ho intrapreso il viaggio di ritorno...altre lunghissime
24 ore di autobus in direzione Lima. Cusco è però un posto nel
quale un giorno o l'altro tornerò, ne sono più che sicuro. La sua
magia è tale che c'è bisogno di più di una visita per poterne
apprezzare al meglio l'essenza. Chi mi accompagna?