Per questo, a volte, ripensando a un viaggio a distanza di tempo, quello che ci torna in mente è un particolare insignificante, un dettaglio al quale non si era pensato per mesi, ma che in quel momento aveva assunto un senso e suscitato emozioni.
Ma è giusto che tutti possano capire ciò di cui parlo, quindi è necessario fare un piccolo corollario introduttivo: il luogo è Iquitos, città nel mezzo della foresta amazzonica peruviana.
In realtà Iquitos è una città che si è sviluppata proprio grazie allo sfruttamento della regione da parte di gente venuta da fuori. Porta il nome di un popolo praticamente scomparso, di cui oggigiorno non rimane che qualche decina di persone, e ha un fascino decadente dato dall'accostamento di una pomposa architettura di inizio '900 e la semplicità delle costruzioni di legno tipiche di tutto il bacino amazzonico.
A Iquitos fa un caldo bestiale, l'umidità raggiunge delle percentuali che non oso neppure immaginare e si suda ininterrottamente dalla mattina alla sera, per non parlare della notte.
Per sconfiggere il caldo le possibilità sono:
1- aspettare che si scateni un temporale (cosa che succede più o meno ogni giorno senza preavviso alcuno) e rimanere sotto l'acqua ad inzupparsi.
2- andare in qualche spiaggetta in qualche ansa di fiume e farsi un bel bagno nelle tiepide acque degli affluenti del Rio delle Amazzoni (opzione preferita)
3- andare alla Casa Fitzcarraldo e fare un bagno in piscina.
La Casa Fitzcarraldo è un pezzo di foresta nel bel mezzo della città, è facile da raggiungere anche se è un posto frequentato principalmente da stranieri.
Fitzcarraldo era uno di quei personaggi che si arricchì alla fine del 1800 grazie all'estrazione del caucciù e allo sfruttamento delle popolazioni indigene che lavoravano per lui alla stregua di schiavi. Era una di quelle persone che “se pensi che faceva parte del genere umano, ti viene voglia di nazionalizzarti serpente”. La cosa strana è che un genio come Werner Herzog ci faccia un film e te lo faccia pure sembrare simpatico.
La Casa Fitzcarrlado (mai capito se fosse effettivamente stata la casa di questo barone della gomma) è piena di foto scattate durante la lavorazione del film, ha una piscinetta circondata da alberi altissimi ai quali sono appese amache di ogni colore ed è, in definitiva, un posto tranquillo dove rilassarsi nonostante si senta l'eco del rumorosissimo traffico della città. Io ci sono stato due volte in due mesi.
La seconda volta, mentre ero intento a cazzeggiare nella maniera più assoluta con gli occhi chiusi a bordo piscina, ho iniziato a sentire delle note familiari...una canzone che non riuscivo bene a distinguere fra il rumore del vento tra gli alberi e il lontano ronzio dei mototaxi.
Mi son concentrato per sentire al meglio la canzone a bassissimo volume che arrivava da delle casse posizionate a una certa distanza dalla piscina, fino a individuarla: Morna, di Vinicio Capossela.
Perché c'era quella canzone? Un regalo per me? Per farmi sentire più vicino a casa nonostante la lontananza e la mancanza delle persone indispensabili? Inutile dire che non ho ancora trovato una risposta a queste domande...
2 commenti:
Un grazie a Stefano per aver condiviso una pagina della sua vita molto bella.
Grazie a te per aver letto e apprezzato!
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